MiFID II, cos’è e come inciderà sui risparmi

Il 2018 è iniziato con le polemiche sui sacchetti di frutta e verdura a pagamento nei supermercati. Ma a gennaio sono arrivate altre novità che incideranno anche positivamente sui portafogli, e ben più delle buste bio. Tra queste la direttiva europea sugli strumenti finanziari, che punta a tutelare di più l’investitore e farlo risparmiare

È assai meno pop dei sacchetti biodegradabili a 2 centesimi l’uno. Eppure, la versione aggiornata della Markets in Financial Instruments Directive, meglio nota come MiFID II, toccherà i nostri portafogli molto più delle buste ecocompatibili per frutta e verdura, e, per una volta, in positivo. La direttiva, approvata dal Parlamento europeo nel 2014, è entrata in vigore in 31 Stati dell’area economica europea (i 28 dell’UE più Islanda, Liechtenstein e Norvegia) il 3 gennaio 2018 e rappresenta l’aggiornamento del set di regole che fu messo a punto nel 2004 allo scopo di creare un mercato finanziario integrato nel Vecchio Continente. Rispetto alla prima MiFID, la MiFID II vuole garantire tutele più forti a chi investe, specialmente al piccolo risparmiatore. Lo farà attraverso una migliore rilevazione della capacità dell’investitore di tollerare rischi ed eventuali perdite, una completa trasparenza dei costi e una maggiore chiarezza delle informazioni su investimenti e prodotti.

I professionisti della consulenza. Chi dovrà sottostare agli obblighi di MiFID II? Fra gli altri, i professionisti e le società che si occupano di consulenza finanziaria, su cui vigilerà un apposito ente: l’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (OCF). A questo albo saranno iscritti, in tre distinte sezioni, i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (gli ex promotori finanziari), i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria. I consulenti abilitati all’offerta fuori sede svolgeranno la loro attività – come hanno fatto finora – su mandato di un intermediario, ossia di una banca, di una società di intermediazione mobiliare (SIM) o di una società di gestione del risparmio (SGR), mentre gli autonomi non hanno e non avranno alcun rapporto con intermediari. È altrettanto utile e importante sapere che i consulenti su mandato potranno accettare solo assegni e altri mezzi di pagamento intestati alla mandante, mentre gli autonomi non potranno assolutamente prendere soldi dal cliente per investirli e dovranno limitarsi a dargli consigli.

L’identikit del cliente. Un punto centrale di MiFID II è la valutazione di adeguatezza e appropriatezza. Non è una novità, se ne parlava anche la prima MiFID. Ma con MiFID II questi due concetti vengono rafforzati. Consulenti e società di consulenza finanziaria dovranno raccogliere, attraverso un apposito questionario, ogni informazione utile a capire quali sono il grado di conoscenze ed esperienza del cliente, i suoi obiettivi d’investimento, la sua tolleranza al rischio e la sua capacità di sostenere economicamente le eventuali perdite.  Obiettivo di questa indagine, che deve essere scrupolosa e approfondita, è raccomandare servizi d’investimento adeguati e prodotti appropriati. Sarà obbligatorio ripetere questa valutazione almeno una volta l’anno, mentre l’adeguatezza del portafoglio rispetto al profilo dell’investitore così rilevato andrà monitorata costantemente.

Costi bene in evidenza. L’altro punto decisivo di MiFID II riguarda i costi. Una novità particolarmente dirompente per i consulenti che lavorano su mandato. Gli ex promotori non sono pagati a parcella, come gli autonomi e le società di consulenza finanziaria, ma dall’intermediario, che poi mette i costi in conto al cliente. Ebbene, MiFID II obbliga non solo a rendere questi costi evidenti ed espliciti, comunicandoli in euro oltre che in valore percentuale, ma anche a dettagliare le varie voci dei costi del servizio (commissioni di sottoscrizione, costi di transazione e custodia, etc.) e del prodotto (gestione, intermediazione e uscita, commissioni di performance, spese fiscali, etc.). Non solo: d’ora in avanti bisognerà dichiarare in anticipo chi, tra cliente e intermediario, si farà carico dei costi di ricerca, tradizionalmente inclusi in quelli di negoziazione (finora a carico del cliente). L’effetto sulle tasche dei risparmiatori, anche se non immediato, a tendere sarà positivo: ci si aspetta infatti che la maggiore chiarezza sui costi susciti negli investitori una maggiore consapevolezza di “quanto-si-paga-cosa” e li spinga a cercare le alternative più convincenti e convenienti. Allargando il mercato alla consulenza indipendente, MiFID II determinerà – almeno così è nelle attese – un aumento della concorrenza e dunque con il tempo costi più bassi per il risparmiatore. Un primo risultato su questo fronte si è già ottenuto: proprio perché da adesso in poi occorrerà specificare chi si farà carico dei costi di ricerca, negli ultimi mesi molti intermediari hanno già fatto sapere che saranno loro, e non più i clienti, a provvedere in tutto o in parte.

Più informazione e trasparenza. MiFID II impone che venga rilasciata al cliente un’informativa preliminare, per specificare, fra l’altro, se la consulenza è effettuata in modo indipendente (e quindi pagata a parcella) o no, e un’informativa periodica, a cadenza come minimo annuale, sui costi dei singoli prodotti e del portafoglio nel complesso. Parentesi: gli intermediari – quindi banche, SIM e SGR – potranno offrire il servizio di consulenza in entrambe le modalità, ovvero indipendente e non indipendente, ma avvalendosi di canali e professionisti diversi. Con MiFID II, poi, cambia la cosiddetta “product governance”, ovvero il modo in cui si costruisce un prodotto: la società che lo crea dovrà indicare un “target” positivo e uno negativo: il primo è il tipo di investitore per il quale il prodotto è appropriato, il secondo è il tipo di cliente al quale quel prodotto non va mai proposto. Infine, MiFID II introduce la “product intervention”: le autorità, in casi del tutto eccezionali, potranno intervenire per bloccare o limitare la vendita dei prodotti finanziari.

 

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