Italo cambia bandiera e diventa americano

Addio quotazione in Borsa: a un passo da Piazza Affari il gruppo di Della Valle e Montezemolo cede i treni a un fondo americano

Si chiama Italo, ma da qualche giorno a questa parte sfreccia sui binari della Penisola sventolando la bandiera a stelle e strisce. Del resto l’offerta arrivata dal Fondo americano General Infrastructure Partners – circa 2 miliardi di euro per il 100% della società – era irrinunciabile per i manager di Italo-Ntv (acronimo di Nuovo Trasporto Viaggiatori) che, non senza una punta di rammarico, hanno firmato l’accordo per la cessione, rinunciando alla quotazione in Borsa.

Come si è arrivati a questo epilogo? Facciamo un passo indietro. Italo nasce nel 2006 dall’idea di un gruppo di imprenditori italiani amici tra loro – Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle, Gianni Punzo, Alberto Bombassei, Isabella Seragnoli e Giuseppe Sciarrone. Partendo da un foglio bianco, i manager decidono di sfidare il monopolio delle Ferrovie dello Stato dando vita a quella che ancora oggi è l’unica società privata di treni ad alta velocità in Europa. “Quando dissi a Diego Della Valle del progetto, mi chiese se ero matto, ma poi per amicizia e per convinzione mi disse di sì. Senza di lui non l’avrei mai fatto”, ricorda Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ntv, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

Una storia tormentata. Naturalmente non è stato tutto rose e fiori: fare concorrenza alle FS non è facile – “giocavamo contro una squadra nella quale l’allenatore faceva anche l’arbitro”, dice Cordero di Montezemolo. Così nel 2014 la società si ritrova a un passo dal portare i libri in tribunale. Ma rialza la testa, complice l’ingresso nel capitale di Intesa Sanpaolo e l’arrivo dell’a.d. Flavio Cattaneo, che riesce a rimettere Italo sui binari giusti. E anche grazie all’intervento dell’Authority, che finalmente permette a Italo di arrivare nelle stazioni di Milano Centrale e Roma Termini, fondamentali per i collegamenti con i treni dei pendolari (prima i treni di Ntv erano relegati a Milano Garibaldi e Roma Ostiense). Il resto lo fa una politica molto aggressiva sui prezzi che costringe Trenitalia a ritoccare al ribasso i listini. Così nel 2016 Ntv chiude il suo primo bilancio in utile e arriva a viaggiare con i treni riempiti in media all’80%. Nei mesi successivi si inizia a pensare alla quotazione in Borsa, un progetto che a inizio 2018 sta per diventare realtà, con il benestare del governo. Ma all’ultimo momento arriva la golosa offerta “prendere o lasciare” del fondo americano, disposto ad accollarsi anche i debiti di Italo-Ntv. “Gli advisors ci hanno spiegato che per ottenere il prezzo che abbiamo ottenuto da Gip ci volevano 2-3 anni con la Borsa ai massimi livelli, cosa difficilmente prevedibile. Siamo imprenditori, non samaritani”, scherza Montezemolo. Insomma, l’offerta è impossibile da rifiutare. E infatti gli azionisti accettano.

Chi è Global Infrastructure Partners? GIP, che ha sede principale a New York, è il fondo infrastrutturale più grande al mondo: gestisce per i suoi investitori circa 40 miliardi di dollari e ha un portafoglio densamente popolato di società energetiche e dei trasporti.In particolare, tra gli asset di Global Infrastructure Parters nel settore dei trasporti ci sono l’aeroporto londinese di Gatwick e l’aeroporto di Edimburgo.

Rischio colonizzazione o opportunità? Allora quella di Italo è un’altra storia di eccellenza italiana finita in mani straniere, come le tante che abbiamo sentito in passato (Parmalat, Pirelli, Italcementi, solo per citarne alcune)? In parte certamente sì, inutile girarci intorno. Ma qualche differenza c’è. Tanto per cominciare, il presidente di Ntv rimane scettico sulla retorica del rischio di colonizzazione: “Il gruppo USA”, ha dichiarato, “rappresenta un grande segnale di ottimismo verso le possibilità del nostro Paese, un atto di fiducia particolarmente importante in momenti come questo”. Quanto al timore che il progetto Italo possa essere ridimensionato sotto la regia degli americani, Montezemolo ricorda che GIP ha pagato la bellezza di 2,5 miliardi per mettere le mani sulla società (la cifra comprende anche il debito, n.d.r.): è poco verosimile che voglia semplicemente metterla in cantina a prendere polvere. “La cifra enorme che hanno investito gli americani dimostra che hanno intenzione di crescere e sviluppare questo business. Il modello di concorrenza italiana nei treni diventerà tra due anni il modello europeo. E quando in tutta Europa si aprirà la concorrenza, Italo, per General Infrastructure, sarà la piattaforma di lancio per espandersi”, sostiene il manager.

Cosa cambia per i viaggiatori? Al momento non sono ben chiari quali sarebbero gli effetti sugli oltre 13 milioni di passeggeri, ma questi dovrebbero in linea di massima essere positivi. Un proprietario così grande e importante, come quello americano, potrebbe intensificare la guerra dei prezzi e portare a ulteriori ribassi sui prezzi dei biglietti. Inoltre potrebbe portare l’Alta Velocità in zona attualmente non toccate ampliando così la gamma delle rotte, anche al di là dei confini europei nazionali.

E voi? Viaggiate spesso in treno? Pensate che questa acquisizione influirà positivamente sui prezzi dei biglietti? Diteci la vostra nei commenti!

 

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