Monteveglio, la città felice di essere al verde

Comunità di transizione, non usa petrolio, vive con energie pulite ed è autosufficiente. Come lei, altre venti in Italia e moltissime nel mondo...

.Monteveglio, città ecologica al 100%. C’è una città italiana che vive senza petrolio, senza combustibili fossili e senza emettere neanche un grammo di anidride carbonica. Il suo nome è Monteveglio, si trova in provincia di Bologna e i suoi 5280 abitanti vivono secondo natura a 360 gradi.

La prima città di transizione d’Italia. Monteveglio è la prima città di transizione d’Italia. I “progetti di transizione”, nati all’estero ma ora attivi anche nel nostro Paese, puntano alla realizzazione di comunità libere dalla dipendenza dal petrolio e da tutte le fonti di energia non rinnovabili. Il loro obiettivo, soddisfare autonomamente i propri bisogni. Spiega Cristiano Bottone, tra i fondatori di Transition Italia: «Possediamo tutte le tecnologie e le competenze per costruire in pochi anni un mondo perfettamente diverso da quello attuale, più bello e più giusto. La crisi profonda che stiamo attraversando è in realtà una grande opportunità che va colta e valorizzata. Lo strumento per farlo è il “Movimento di transizione”».

Città di transizione e comunità resilienti. Il modello seguito nelle città di transizione è quello della resilienza, cioè della capacità di un certo sistema di adattarsi ai cambiamenti, anche traumatici, senza subirne i danni ma sfruttandone le caratteristiche positive.

Rob Hopkins, il fondatore. Gli eco-sognatori di Monteveglio si sono innamorati di una filosofia nata a Kinsale, in Irlanda, nel 2003. Lì un docente universitario di nome Rob Hoplink chiese ai suoi allievi di progettare la sopravvivenza della loro cittadina in un mondo rimasto a secco di petrolio. La risposta, il Kinsale Energy Descent Plan, conteneva in sé i germi di una microeconomia oil-free. Due anni dopo, nel 2005, è nato il movimento della Transition Town. Di Transition Town oggi ce ne sono negli Usa, in Canada, in Sud Africa, in Australia, in Nuova Zelanda, in Giappone ecc.

Monteveglio, in transizione dal 2008. A Monteveglio, ufficialmente in transizione dal 2008, il punto di partenza di ogni attività è la collaborazione tra i cittadini: ognuno mette la propria esperienza al servizio degli altri e si adopera per l’altrui benessere. C’è chi chi insegna a fare il pane in casa, ci sono quelli che organizzano i gruppi d’acquisto per comprare i pannelli solari, quelli che allevano polli secondo i principi della permacultura. Ogni mattina, due adulti accompagnano i bambini a scuola con il pedibus: vanno a piedi per insegnare loro l’importanza dell’esercizio fisico. C’è anche la “Banca della Memoria” che, aperta solo agli ultrasessantenni, si occupa di trasmettere le conoscenze tradizionali.

La principale fonte di energia è quella solare. Su tutti i terrazzi di Monteveglio ci sono impianti fotovoltaici. L’obiettivo nel breve periodo è assicurare l’autosufficienza energetica a ogni nucleo familiare, il progetto finale prevede un piano di riorganizzazione energetica a livello comunale.

Autosufficienza energetica e alimentare. Se sul terrazzo di casa c’è l’impianto fotovoltaico, in ogni cortile c’è un piccolo orto. Frutta e verdura sono coltivate nei terreni del comune, o, al massimo, nei paesi confinanti. E, chiaramente, i cibi venduti nei supermercati cittadini hanno tutti l’etichetta “chilometri zero” perché, nella maggioranza dei casi, crescono sotto casa. Frutta e verdura provenienti da regioni lontane, di fatto, sono bandite.

Un’agricoltura sinergica. Per sfruttare le risorse del territorio e la vocazione dei cittadini, gli appezzamenti di terreno sono tutti in condivisione. In pratica, ogni cittadino-contadino può coltivare l’orto del vicino. Se l’obiettivo è l’autonomia alimentare del paese, non ci sono recinzioni che tengano: chi ha la ricetta giusta per un tipo di coltivazione, ha il diritto di occuparsene. I risultati della gestione dei terreni comunali ha prodotto conseguenze sorprendenti anche dal punto di vista qualitativo: in poco più di due anni sono state riscoperte specie e varietà di frutta e verdura che non si vedevano da tempo.

L’elemento che accomuna gli esperimenti di transizione è la creatività. Monteveglio è la prima, ma non l’unica città di transizione d’Italia. Ce ne sono in progettazione in Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Puglia, Sicilia, Lombardia, Piemonte e Lazio. Nelle venti città italiane che hanno già avviato il processo, le iniziative investono diversi ambiti della vita in comune. A San Giovanni a Piro, in provincia di Salerno, l’organizzazione di una comunità preparata al post-petrolio è inserita nel Piano di offerta formativa di una scuola. A Granarolo, vicino Bologna, si punta sull’illuminazione pubblica cittadina a Led, mentre a Carimate, nel comasco, c’è chi ha organizzato itinerari guidati lungo le sponde del fiume Serenza per studiare l’uso medico delle erbe aromatiche.

La posta in gioco è la qualità della vita. «La vera sfida è che le persone si coinvolgano in questo processo non solo perché conviene, ma perché hanno capito che la posta in gioco è la qualità della loro vita e hanno cambiato le proprie priorità. Solo un mutamento culturale può diffondersi a macchia d’olio e contagiare l’intera società» (Cristiano Bottone).

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