Brexit e Fed protagoniste del mese di giugno

É passato un anno dal referendum sulla Brexit e il Regno Unito è sempre al centro dei riflettori. Dall’altra parte dell’Atlantico la FED alza i tassi e un report di Goldman fa scattare vendite sul settore tech

Vediamo insieme le performance delle principali asset class alla luce degli avvenimenti più importanti del mese di giugno.

Come sono andati i mercati. I mercati azionari nel mese di giugno non hanno registrato particolari movimenti. Sono state le vendite a prevalere, ma nulla di preoccupante. L’unico listino con una variazione positiva è Piazza Affari; il nostro indice azionario di riferimento, il FTSEMIB, segna +0,3%. L’S&P500 cala di uno 0,4%, mentre l’indice azionario di riferimento giapponese, il Nikkei225, archivia il mese con un -0,7%. L’Eurostoxx50, l’indice azionario delle principali società europee, chiude il mese con un -3% frutto in gran parte delle vendite dell’ultima settimana. È la migliore asset class da inizio anno, eppure durante il mese di giugno è stata segnata da una serie di vendite. Il settore in questione è il tech e la causa scatenante è stata un report di Goldman Sachs in cui venivano messe in discussione le attuali valutazioni dei principali titoli, quelli che vengono chiamati con l’acronimo FAAMG (Facebook, Amazon, Apple, Microsoft, Google).

Il mese ha avuto un andamento negativo per l’oro. L’asset class considerata come bene rifugio per eccellenza ha perso oltre il 4%, segno che gli investitori si stanno spostando verso altre classi di investimento più rischiose. Sul fronte valutario, l’euro prosegue il suo rafforzamento nei confronti della valuta americana. Questo è dovuto al fatto che la BCE continuerà con le sue politiche monetarie espansive, che tuttavia diventeranno sempre più restrittive se la crescita economica diventerà robusta.

Il Regno Unito al centro dell’attenzione. É passato un anno dal referendum che ha dato il via all’affair Brexit. Lo scorso 8 giugno si sono tenute le elezioni  per eleggere i 650 membri della Camera dei comuni (la nostra camera dei deputati, per intenderci). Attraverso questa elezione il primo ministro Theresa May sperava di avere una maggiore stabilità per poter avviare i negoziati e mettere su carta una rapida e incisiva Brexit. Così non è stato; Theresa May e i conservatori hanno ottenuto solamente 315 seggi, non abbastanza per ottenere la maggioranza. Il vincitore delle elezioni è stato il laburista Corbyn che è riuscito a raccogliere il voto dei più giovani e a guadagnare 261 seggi. Guardando il mercato finanziario inglese, il mercato azionario non sembra aver avuto particolari scossoni, anzi. L’indice FTSE250, che rappresenta le piccole medie imprese britanniche, ha guadagnato più dell’11% in un anno. Se il mercato obbligazionario inglese è rimasto sostanzialmente immutato la vera sconfitta è la sterlina che ha perso valore aumentando così il costo dei beni importanti e facendo schizzare l’inflazione al 3% (sopra il target del 2% fissato da Bank of England).

La FED alza i tassi. La Banca centrale americana, nella riunione di giugno, ha preso la decisione di aumentare i tassi di interesse di un quarto di punto percentuale. Si tratta del secondo aumento in tre mesi e ora il range dei tassi si trova tra l’1,0% e l’1,25%. Questo avvenimento non ha sconvolto il mercato in quanto era ampiamente previsto nelle giornate precedenti alla riunione. Il capo della FED, Janet Yellen è consapevole che negli ultimi mesi l’inflazione, parametro tenuto sotto stretta sorveglianza dalle banche centrali, abbia fatto dei passi indietro. Tuttavia questo calo, secondo la Yellen, è dovuto a effetti passeggeri che non dovrebbero compromettere il raggiungimento del target d’inflazione del +2,0% nei prossimi due anni. L’economia americana continua a crescere, infatti nel primo trimestre dell’anno l’economia a stelle e strisce è avanzata dell’ 1,4%, battendo di circa due decimi di punto percentuale le stime degli analisti. Il Fondo Monetario Internazionale, non credendo nell’effetto del taglio delle tasse promesso da Trump, ha deciso di abbassare le stime di crescita al 2,1% per i prossimi due anni.

La Grecia tira un sospiro di sollievo. La Grecia ha raggiunto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea: è stata concessa una tranche da 8,5 miliardi di euro che sarà in gran parte utilizzata per pagare una scadenza di debito di luglio. Non si è arrivati a discutere del taglio del debito pubblico ellenico, che nel frattempo ha toccato la soglia del 180% del PIL. Secondo le ultime stime dello stesso Fondo Monetario entro il 2060 il debito pubblico della Grecia potrebbe essere pari al 260% del PIL.

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