La BCE diventa più flessibile sul QE

La Banca Centrale Europea diventa più flessibile in merito alla regola del Capital Key. Cosa significa? Quali sono gli effetti sui mercati obbligazionari?

Nella riunione della BCE dello scorso 19 gennaio, non sembravano esserci particolari novità nell’ambito della politica monetaria europea. Eppure dalla pubblicazione dei verbali della riunione, quelli che in gergo tecnico sono chiamati ‘minute’, è emerso che la Banca Centrale Europea è disposta ad essere più flessibile, nell’ambito dell’applicazione del QE, alla regola del Capital Key.

La capital key stabilisce come comprare i titoli. Quando Mario Draghi nel 2015 ha lanciato il programma di Quantitative Easing per iniettare liquidità al sistema e dare impulso all’economia, la Germania non aveva visto di buon occhio questo progetto temendo diventasse una sorta di escamotage per aggirare l’articolo 21 dello statuto della BCE che vieta espressamente il finanziamento del debito pubblico da parte dell’organismo di Francoforte. Per mettere tutti d’accordo e garantire la neutralità degli stimoli monetari è stata quindi introdotta la regola del Capital Key che stabilisce come debbano essere comprati: gli acquisti devono essere proporzionali alla quota di capitale detenuto da ciascun Paese nella BCE.

Quindi per entrare nel dettaglio, se la Banca Centrale acquista 100 milioni di titoli, 26 milioni devono essere tedeschi, 20 francesi, 18 italiani e così via seguendo la proporzione stabilita. Questa regola però ha creato qualche distorsione di mercato e rischia di limitare l’obiettivo del QE, ovvero quello di tenere ancorati i rendimenti obbligazionari. Se da un lato il rendimento dei titoli tedeschi, oggetto di acquisti massicci da parte della BCE per l’applicazione del capital key, è scivolato in territorio negativo dall’altro ai Paesi periferici (per esempio Italia, Spagna e Portogallo) spetta una quota inferiore che in caso di necessità potrebbe non essere sufficiente e mantenere sotto controllo i rendimenti.

Un QE più efficace. La BCE ha tenuto a precisarlo: le deroghe all’applicazione del capital key sono possibili in alcune circostanze e in caso di effettiva applicazione saranno limitate e temporanee. Questo però dà a Mario Draghi più cartucce a disposizione e aumenta l’efficacia del QE. Perché questo? Semplice, in questo modo la BCE avrebbe la possibilità di acquistare un quantitativo più elevato di titoli di Stato di quei Paesi che si trovano maggiormente in difficoltà (Italia, Spagna e Portogallo). I massicci acquisti di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea provocano la discesa dei rendimenti dei titoli di stato e quindi si evita che gli interessi sul debito, in particolare dei Paesi parecchio indebitati, crescano in modo esponenziale limitando ulteriormente la crescita.

La reazione dei mercati non si è fatta attendere. È importante, sia per un investitore esperto sia per uno alle prime armi, conoscere le decisioni e le varie (eventuali) modifiche di politica monetaria da parte degli organismi centrali. Quando queste notizie sono rese note, la reazione dei mercati è praticamente immediata. Se prima della notizia lo spread viaggiava intorno ai 200 punti, la possibilità di una deroga al capital key ha fatto scendere lo spread di 20 punti base. Questo perché, come detto, senza questi vincoli la BCE potrebbe comprare più titoli italiani (BOT e BTP) e facendo così scendere il rendimento dei titoli obbligazionari di Stato del Bel Paese.

 

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