Alta velocità, ma fino a quanto?

Una promessa che oggi vale soprattutto per treni e aerei, anche se la sfida vera è sui consumi e il rispetto per l’ambiente...

Una bellezza nuova. «… La magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia» (dal Manifesto del Futurismo, Le Figaro, 20 febbraio 1909).

Un secolo dopo. Un secolo e qualche anno dopo, la velocità ha perso molto del suo fascino – andiamo quotidianamente anche troppo veloci, e allora risulta ben più seducente essere slow – ma, almeno nei trasporti, si parla sempre tanto di alta, anzi, ora anche di altissima velocità. Purché ancorata a due solide rotaie o nascosta in mezzo alle nuvole. Perché le automobili fuori dai circuiti sembrano essersi date da tempo una calmata (contano più le dimensioni delle prestazioni, e anche per le supercar basta quello che potrebbero fare senza i limiti che il costruttore si è autoimposto).

Due ore e venti. Trenitalia scopre la carte sul gioiello che verrà, l’Etr 1000, un Frecciarossa che viaggerà alla velocità commerciale di 360 km all’ora (oggi è di 300), consentendo di coprire in 2 ore e 20 minuti la distanza tra Milano e Roma (nel viaggio non-stop: oggi ne occorrono circa tre). Però parliamo di futuro, anche se prossimo: il treno ad  altissima velocità di Trenitalia, attualmente in costruzione negli stabilimenti della joint venture costituita tra la canadese Bombardier e l’italiana Ansaldo-Breda, non arriverà sui binari prima dell’estate 2014.

Due ore e quarantacinque. Ntv, la compagnia privata italiana dell’alta velocità, sembra rispondere subito alla sfida con annunci a tutta pagina sui quotidiani: Milano-Roma non-stop, 2 ore e 45 minuti, tre treni al giorno in un senso, tre nell’altro. Già da ora (il 26 agosto). È il tempo che Italo impiega dalla stazione di Rogoredo, nel capoluogo lombardo, alla Tiburtina nella capitale. Che sono più periferiche della Centrale e di Termini.

Due ore e quaranta. Non risultano pagine di Trenitalia per dire che agli attuali Frecciarossa impiegati nello stesso percorso (quattro in tutto al giorno) basta un po’ meno: 2 ore e 40 minuti. Forse fair play dopo aver presentato l’Etr 1000 come «il treno più bello del mondo». Un treno che, come prestazioni e impianto tecnologico, fa parte dell’ultima generazione di treni ad altissima velocità, esattamente come Italo progettato dalla francese Alstom (già pronto per una velocità commerciale di 360 km/ora)

Un problema comune. Il problema, sia per Italo sia per il prossimo Frecciarossa, sarà dove raggiungere quella velocità che consentirà a entrambi di abbattere ulteriormente i tempi di percorrenza, cioè di correre grosso modo a 350 km/ora. Sulla linea Milano-Napoli, al momento sarebbe possibile solo nei tratti Milano-Bologna e Roma-Napoli. Sulla nuova Bologna-Firenze, quasi tutta in galleria, oggi non si arriva a 300 per ragioni di sicurezza, e sulla direttissima Firenze-Roma la velocità d’esercizio è di 250 Km/ora, diciamo per ragioni d’età. Non è così noto che parte di questa tratta è stata la prima linea ad alta velocità costruita in Europa. Accadeva ormai 35 anni fa (il 24 febbraio 1977 venivano inaugurati i 138 chilometri da Roma a Città della Pieve). Ma forse era un po’ troppo presto. Non c’erano ancora treni così veloci, almeno in Italia. Oggi tutta la linea ha bisogno di un ammodernamento.

Due ore e trenta. Passiamo nella stratosfera, anche perché per ora è solo un progetto (ma ci stanno lavorando). Si chiama Zehst, acronimo di Zero emission hypersonic transportation, più che a un aereo assomiglia a un missile, o a una navicella spaziale. S’inerpicherà su nel cielo, oltre ogni possibile nuvola, fino a 32 chilometri d’altezza (i jet attuali volano a circa 11-12) e lì farà partire i suoi motori a razzo che lo spingeranno a una velocità di Mach 5, ovvero cinque volte la velocità del suono (oltre il doppio di quella del Concorde, il cui ultimo volo è stato effettuato nel 2003). In due ore e mezzo, il tempo di un film un po’ più lungo del normale, sarete trasportati da Londra a Tokio (un volo diretto oggi ne impiega dodici).

L’ipersonico del 2040. Paura? Tranquilli, avete tutto il tempo di prepararvi, perché lo Zehst, di cui vedremo forse un prototipo tra una decina d’anni, non entrerà in servizio prima del 2040-2050. Per la casa che lo sta progettando, la tedesca Eads, le sfide tecnologiche sono superabili: la maggior parte dei componenti del jet sono infatti già in uso attualmente. Sono piuttosto i costi a limitare l’idea dei voli ipersonici. La sfida più grande, spiegano gli esperti, è realizzare un progetto che sia economicamente attuabile. Eads ha stimato che costerà ben oltre 15 miliardi di euro portare il progetto sul mercato.

Contenere i consumi. «Per l’aviazione commerciale il volo supersonico è un traguardo così costoso e complesso che, per molti decenni a venire, credo resterà solo un sogno. Molto più pressante, invece, è l’obiettivo di contenere i consumi, per inquinare meno, certo, ma soprattutto per ridurre una voce di spesa che, a ogni risalita del prezzo del petrolio, rischia di far saltare i conti delle compagnie» (Cesare Cardani, professore di Ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano).

Non ultimo, l’ambiente. Un fattore, nel sentire comune, sempre più importante. I nuovi Airbus A320 – un bestseller dell’aviazione civile, progettato dal consorzio europeo per voli a medio raggio e in servizio da più di vent’anni – usano il 15 per cento di carburante in meno dei loro concorrenti. E per il super aereo del futuro si ipotizza l’addio del cherosene a favore di idrogeno e ossigeno liquidi. Non solo: la Eads, scommettendo su un raddoppio della capacità di accumulo delle batterie al litio, immagina un aereo di linea elettrico, il VoltAir, che, arrivato in aeroporto «cambia le pile» e riparte.

Anche i treni. Anche i super treni, che hanno motori elettrici, partecipano alla gara “verde”. Italo assicura di consumare il 10 per cento in meno di altri treni con pari prestazioni. L’Etr 1000 promette «le migliori performance oggi realizzabili in termini di risparmio energetico».

Un orticello maschile? Di velocità, comunque, si parla un po’ meno. Oggi guardiamo al tempo, al tempo risparmiato, piuttosto. Alla fine forse la corsa alla velocità è rimasta un affare maschile. «Un automobile ruggente… più bello della Vittoria di Samotracia», scriveva Marinetti (e Ntv sembra prenderlo ancora in parola, quando propone sul suo sito «un auto con conducente»). Sappiamo però com’è andata: l’automobile, seduttiva, s’è declinata subito al femminile (la macchina, l’autovettura, la Fulvia, la Punto, la Giulietta…), anche se da ultimo c’è un ritorno al maschile, soprattutto per sottolineare un certo status (il Suv, il Mercedes…). Il più veloce, l’aereo (jet, aeromobile, velivolo) è ben saldo nel suo genere maschile, fatta salva la casa madre, la compagnia aerea. Il treno, invece, sembra eternamente indeciso: treno e ferrovia, binario e rotaia, carrozza e vagone, addirittura locomotiva e locomotore…

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