Zucchero e dolcificanti, istruzioni per l’uso

I prodotti naturali e quelli chimici che servono ad addolcire bevande e preparare dessert. Con un occhio alla salute e uno al portafoglio...

La first Lady. Michelle Obama predilige lo zucchero, «un prodotto naturale. Alle mie figlie non darò mai dolcificanti».

Lo zucchero in Borsa. Lo zucchero bianco si ottiene esponendo lo zucchero grezzo al solfuro di zolfo. I futures sullo zucchero bianco sono scambiati alla borsa merci di Londra (LIFFE). Il prezzo è espresso in dollari americani per tonnellata, la trading unit e cioè la quantità minima negoziabile è di 50 tonnellate.

Il prezzo dello zucchero. Ad agosto il prezzo dello zucchero è aumentato dell’1,4% rispetto a luglio e del 13,2% rispetto ad agosto 2010.

I numeri dello zucchero. Lo zucchero fornisce il 7% delle calorie bruciate ogni giorno sulla Terra. Il maggior consumatore di zucchero al mondo è l’India (22.550 tonnellate), il maggior produttore è il Brasile (32.290 tonnellate). In Italia il consumo pro capite è di 24 chili l’anno (2 chili al mese). Il valore energetico è di 20 calorie al cucchiaino (circa 5 grammi) (dati Texas University).

Non più di cinque cucchiaini. Secondo l’American Heart Association. «la maggior parte delle donne dovrebbe limitare il consumo giornaliero di zuccheri aggiunti (esclusi quelli presenti naturalmente negli alimenti, come frutta e latte) a non più di circa cinque cucchiaini (100 kcal); la maggior parte degli uomini, a non più di sette (150 kcal)».

Quanto costa addolcire. Un chilo di zucchero bianco costa in media 1,20 euro, quello di canna 3,38 euro, un chilo di fruttosio 3 euro, una confezione di aspartame o di saccarina da 300 compresse 4,90 euro.

Meno calorie nei dolcificanti. I dolcificanti detti energetici come lo xilitolo, il sorbitolo e il mannitolo, che si trovano soprattutto in caramelle o gomme da masticare light, «sono sostanze con effetto edulcorante che hanno più o meno lo stesso potere dolcificante dello zucchero, ma circa la metà delle calorie. L’aspartame, l’acesulfame K, la saccarina e il ciclammato che vengono considerati dolcificanti intensivi, sono artificiali e possono essere utilizzati sia come edulcoranti da tavola (in compresse, polvere, gocce) sia per addolcire bevande e alimenti light» (Rosalba Mattei, docente di Alimentazione e nutrizione umana all’Università di Siena).

I valori energetici dei dolcificanti. Ciclimmato, acesulfame K e saccarina non hanno calorie. Mentre l’aspartame ne ha quasi quanto lo zucchero (4 Kcal/gr contro le 3,98 dello zucchero) ma è un valore trascurabile visto il suo alto potere dolcificante.

Più potenti dello zucchero. La saccarina ha una potenza dolcificante di 300-500 volte superiore allo zucchero ma la dose giornaliera massima (Dgm) è di 2,5 mg per kg di peso corporeo, L’acesulfame K di 150-200 (Dgm di 9 mg/1 kg), l’aspartame di 160-220 (40 mg/1 kg) e il ciclammato di 30 (Dgm 11 mg/1).

Più dolce dello zucchero. Nel 1880 il chimico americano Constantin Fahlberg della Johns Hopkins University scoprì che una sostanza sintetizzata per tutt’altro, cadutagli sulla mano, aveva sapore dolce. Era la saccarina, ed era circa 300 volte più dolce dello zucchero. La brevettò nel 1885.

Miele a volontà. Il miele è composto da glucosio che brucia presto, e da fruttosio che viene utilizzato gradualmente in un tempo più lungo dalle nostre cellule. Quindi è adatto per gli sforzi prolungati. Inoltre fa bene a muscoli (aumenta la potenza fisica e la resistenza), al cuore (ha un’azione cardiotropa), al fegato (azione disintossicante), all’apparato digerente (azione protettiva, stimolante e regolatrice), ai reni (diuretico); al sangue (antianemico) e alle ossa (aiuta la fissazione del calcio e del magnesio). Il miele non è però indicato per la preparazione di dolci in quanto la cottura trasforma il suo gusto dolce in leggermente amaro.

Il fruttosio. Si trova in polvere nei supermercati, erboristerie e negozi bio, oppure online. È un monosaccaride, che ha la stessa formula molecolare del glucosio ma diversa struttura chimica. La confezione da mezzo chilo costa in media 3,5 euro. Può essere utilizzato per dolcificare tè, caffè o per preparare dessert. Il fruttosio ha un indice glicemico più basso dello zucchero mentre il suo potere dolcificante è leggermente superiore (circa il 33% in più). Ha 3,75 calorie per grammo.

La manna dal cielo. La manna si presenta sotto forma di cannolo. È un prodotto tipico siciliano e lo si può acquistare nei negozi tipici o anche sull’e-store Manna delle Madonie. La manna cannolo costa 120 euro al chilogrammo. È un dolcificante usato fino agli anni Sessanta dall’industria farmaceutica per le sue proprietà lassative e depurative. Si ricava dalla resina biancastra dei frassini che stilla col caldo dalla corteccia incisa d’estate, e si fa rapprendere fino a formare i cosiddetti “cannolicchi”. È perfetta per preparare i dolci (anche il Tiramisù). A Castelbuono (Sicilia) fanno il Mannetto, un panettone aromatizzato al cioccolato o agli agrumi.

Lo zucchero di canna. Lo zucchero di canna ha un leggero retrogusto di liquirizia, è granuloso, marrone ed è umido. Lo si trova dappertutto, alle volte è anche aromatizzato al succo di papaia, arancia, manioca, arachidi. Un chilo costa in media 3,60 euro. In cucina può sostituire in tutto e per tutto lo zucchero bianco. È il primissimo zucchero che si estrae dal succo di canna dopo la raccolta. Viene solidificato in panetti delle dimensioni di una mattonella. Lo zucchero di canna è meno energetico di quello bianco: 362 contro 392 calorie, ma con percentuali più alte di carotenoidi e vitamine, in particolare D, E e del gruppo B.

Lo sciroppo d’acero. Un’altra buona alternativa per zuccherare è lo sciroppo d’acero. Lo si trova facilmente in erboristeria. Un litro costa 26,90 euro. Per dolcificare un caffè ne bastano poche gocce. È adatto anche per la preparazione di dolci. Contiene saccarosio, potassio, vitamine del gruppo B e calcio ed anche questo è prodotto dalla linfa estratta da una pianta, l’acero appunto.

Il succo d’uva. Si trova per lo più in bottigliette da 750 ml, quello biologico costa in media 5 euro e lo si acquista in erboristerie, negozi biologici, oppure in rete. Il succo d’uva deriva dalla bollitura e spremitura di uve alla quale si aggiungono chiodi di garofano, cannella e limone. Contiene fruttosio e in realtà ha un sapore molto caratteristico che non risulta essere apprezzato in ogni situazione. Ha un valore energetico di 66 calorie ogni 100 grammi.

Gli antichi dolcificanti. I Romani usavano come dolcificante anche il mosto d’uva concentrato: si chiamava defrutum ed è l’antenato di quella mostarda piemontese detta cognà, preparata per concentrazione di mosto d’uva addizionato di pere, mele cotogne (da cui il nome), noci, nocciole.

Dall’Oriente? L’amasake. In Oriente si utilizza spesso l’amasake, un dolcificante naturale ottenuto dal riso bianco. Può essere autoprodotto facilmente in casa. È buono anche da solo, come dessert.

L’amasake fai da te. Come fare l’amasake in casa. Ingredienti: 500 g di riso integrale (ottimo il basmati), 250 g di koji (un fermento acquistabile nei negozi specializzati nei prodotti orientali o in quelli macrobiotici), 1,5 litri di acqua naturale. Strumenti: una pentola a pressione, una bilancia, un panno di cotone, un elastico, un mestolo di legno, uno scolapasta. Procedimento: lavare il riso e  cuocerlo per 30 minuti nella pentola a pressione con 1 litro d’acqua. Fare intiepidire, aggiungere i 250 g di koji e mischiare per bene. Coprire la pentola con un panno di cotone, sigillarla con un elastico e mettere in un luogo caldo (20°/22° circa) per 20 ore. Aggiungere a questo punto 500 ml di acqua e portare a bollore per 40 minuti.

La stevia. La stevia rebaudiana è una pianta del Sud America, ha un’elevata presenza di saccarosio ma la sua pecca è che non si scioglie nei liquidi dato che è costituita da polvere di foglie secche. È possibile ricavarne uno sciroppo che costa circa 20 dollari. In Italia non si può commercializzarla come dolcificante ma si può acquistare la pianta dal vivaio. Su Cibo360.it tutti i consigli per coltivarla, estrarne lo sciroppo o cucinarla.

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