L’ufficio in casa

In Italia non è mai partito veramente, ma i vantaggi del telelavoro sono molti: soprattutto per le aziende...

Lavorare ma non sul posto. L’ufficio è mobile, si potrebbe dire parafrasando la nota aria di un’altrettanto famosa opera lirica. Nell’era degli smartphone, dei social network e del cloud computing tutto è disponibile online, anche il lavoro.

Dotazione tecnologica. Naturalmente non tutti gli impieghi possono essere svolti da remoto, ci sono occupazioni che richiedono interventi specializzati o applicazioni collettive non praticabili a distanza: è difficile pensare di portarsi a casa qualche esperimento da svolgere in laboratorio o anche un solo anello della catena di montaggio! Quelli d’ufficio però sì: oltre alla mente, possibilmente brillante, di chi li deve portare a termine, richiedono solo una serie di strumenti informatici che ormai fanno parte della normale dotazione tecnologica di molte famiglie.

Impiego distribuito. Insomma, se negli anni Ottanta la parola d’ordine era “portare i computer nelle aziende” oggi la situazione si è ribaltata: l’informatica ha saturato gli uffici ed è il lavoro che tende a uscire, per entrare nelle case. La possibilità di collegarsi in rete con la propria azienda e di lavorare e collaborare a distanza con i colleghi ha eliminato anche gli ultimi ostacoli a una sorta di “distribuzione sul territorio” dell’impiego in ufficio.

Accordo fra le parti. In Italia, nel giugno 2004 è stato firmato un accordo interconfederale siglato da Confindustria, sindacati e altre associazioni imprenditoriali, che dà la possibilità (non il diritto né l’obbligo, naturalmente) di lavorare da casa, garantiti e tutelati allo stesso modo dei lavoratori in ufficio. Ma non basta: con la Legge di stabilità 2012 sono state introdotte ulteriori misure, a vantaggio sia dell’azienda sia dei lavoratori, per incentivare il telelavoro.

Percentuali ridotte. Tuttavia,  il lavoro a distanza non è decollato, almeno qui da noi. Dai dati, non freschissimi, diffusi dall’Unione Europea e poi ripresi da Manageritalia, emerge nel Belpaese il telelavoro riguarda solo il 3,9% degli occupati (meno di 800 mila persone) e anche quando le aziende prevedono il contratto di lavoro a distanza appena il 7% dei dipendenti se ne avvantaggia. Numeri veri o virtuali? Secondo la rilevazione Isfol Plus relativa al 2008, praticamente l’unica disponibile sull’argomento, degli oltre 750 mila dipendenti che che potrebbero lavorare da remoto, sono soltanto 55 mila quelli che lo fanno realmente. E la percentuale delle aziende italiane che prevedono una qualche forma di telelavoro è ferma al 4,3%.

Vantaggi per le aziende. Eppure, i vantaggi per chi sceglie questa modalità lavorativa sono numerosi, da una parte e dall’altra. Per il datore di lavoro significa per prima cosa ridurre i costi. Quelli delle locazione degli uffici, tanto per cominciare: il fenomeno tutto italiano dei call-center, forse l’unico settore in cui il telelavoro ha realmente attecchito, su questo la dice lunga. Ma si risparmia anche sull’organizzazione del personale e l’amministrazione, sugli straordinari e i buoni pasto o la mensa aziendale. In più, si aumenta l’efficienza: secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, un maggior ricorso alle soluzioni tecnologiche e al telelavoro potrebbe aumentare del 25% la produttività di ciascun lavoratore.

Dalla parte degli impiegati. I dipendenti, da parte loro, possono gestirsi come meglio credono la giornata lavorativa: niente risvegli all’alba, più tempo da passare in famiglia, basta con i panini trangugiati al bar e quindi alimentazione più sana. In una parola, migliore qualità della vita. E soprattutto, fine degli spostamento giornalieri tra casa e ufficio. Anche in questo caso i numeri sono significativi: in Italia ci sono oltre 26 milioni di pendolari che si spostano prevalentemente in auto (83%). Il telelavoro, insomma, darebbe una mano anche all’ambiente.

Ora d’aria. Naturalmente non sono solo fiori: accanto ai lati positivi ci sono anche gli svantaggi. Che per i lavoratori si traducono essenzialmente nel rischio di peggiorare la propria vita sociale: uscendo poco di casa e non avendo colleghi da incontrare fuori dal web il pericolo è quello di isolarsi. Ma c’è un altro rischio concreto: presi dalle cose da fare, le giornate lavorative tendono ad allungarsi a dismisura, ben oltre le canoniche otto ore previste dall’orario d’ufficio. Una dedizione al lavoro che non viene neppure riconosciuta, visto che per chi sceglie il telelavoro fare carriera è in genere più difficile. Ma, in fin dei conti, tutto dipende dal proprio stile di vita e dal grado di autodisciplina che ognuno sa darsi.

Questione di fiducia. Più difficile capire quali potrebbero essere gli svantaggi per il datore di lavoro, che come s’è detto dovrebbe avere tutto l’interesse ad applicare questo tipo di contratto. A cosa si deve, allora, tanta resistenza? In parte a una mentalità ancora da formare, almeno in Italia. In parte, invece, è una questione di fiducia. Secondo un dossier di Astraricerche, il timore più grande degli imprenditori è la perdita del controllo sui dipendenti.

Dietrofront. Ma non sembra che siano questi i motivi per cui  Yahoo, la società americana di servizi internet nota in tutto il mondo, ha deciso di fare rientrare in ufficio i dipendenti a cui in precedenza era stato concesso un contratto di telelavoro. Il vero problema, spiega l’amministratore delegato Marissa Mayer, è il forte rischio di perdere in creatività. In effetti, fra i tanti pregi che si devono riconoscere al lavoro a distanza manca forse quello della socializzazione. Brainstorming, scambio di opinioni, partecipazione al lavoro altrui, perfino le classiche quattro chiacchiere fra colleghi servono ad allargare le prospettive e a far nascere nuove idee. In un ufficio bene affiatato sono cose che vengono naturali, ma difficilmente accade lo stesso quando invece si lavora da casa.

Futuro… remoto. Se anche un colosso dell’innovazione come Yahoo torna sui suoi passi significa che il telelavoro sta toccando la sua parabola discendente? Non è detto. Secondo la rivista Forbes sarà proprio il 2013 l’anno del lavoro da casa. Almeno per gli americani: quelli che lavorano stabilmente nel loro appartamento sono già 3 milioni mentre i dipendenti e i professionisti che seguono la loro attività da casa almeno una volta alla settimana sono dieci volte tanti. E con gli aumenti di benzina e affitti, sono numeri destinati ad aumentare.

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