Internet delle cose, interconnessione compiuta

Elettrodomestici, automobili, distributori automatici, ma anche camicie e orologi: l’interazione tra oggetti – un mercato che vale 900 milioni di euro - è ora realtà, tra vantaggi e nuovi interrogativi.

“Internet of Things” (letteralmente “Internet delle Cose”) è l’espressione che descrive mezzi di diverso tipo interconnessi tra loro. Che cosa vuol dire? Una volta collegati, i dispositivi possono scambiarsi dati e inviarli a una persona, che può analizzarli e usarli per manovrare dispositivi da remoto. Secondo una ricerca dell’osservatorio “Internet of Things” del Politecnico di Milano, se si escludono telefoni, smartphone e computer, nel 2013 in Italia gli oggetti connessi tramite rete cellulare erano già 6 milioni, il 20% in più rispetto all’anno precedente. Una crescita a doppia cifra che conferma un trend in aumento (+13% nel 2011 e +25% nel 2012).

Una Sim per entrare in contatto. Fino a qualche anno fa la connessione tra oggetti e il controllo a distanza erano difficili da immaginare. Come funzionano, praticamente? Una Sim (una scheda simile a quella che si usa per i telefonini) consente alle cose di mettersi in contatto con un centro dati che, elaborando le informazioni, permette loro di svolgere in modo più efficiente la funzione per cui sono state create. Spiega Giovanni Miragliotti, uno dei responsabili dell’Osservatorio del Politecnico: “Tra gli oggetti connessi si contano più di 2 milioni di auto e diverse centinaia di migliaia di automezzi per il trasporto merci, ma anche ascensori e contatori del gas per un giro d’affari che si aggira intorno ai 900 milioni di euro. Non si tratta del valore delle singole Sim, ma del mercato che queste abilitano”.

Automobili sempre più intelligenti. Nell’”Internet of Things” a farla da padrone sono le Smart Car, le automobili intelligenti. Moltissimi veicoli si connettono per motivi assicurativi: sono sempre più numerosi, infatti, i contratti che concedono alle compagnie di fare statistiche sul comportamento di guida e, in base alla media di vizi e virtù alla guida, propongono polizze su misura. In futuro, poi, i veicoli con Sim cellulare a bordo saranno sempre più numerosi, arrivando a rappresentare nel 2016 il 20% del mercato totale.

La lavatrice parte con lo smartphone. Altro ambito di applicazione dell’”Internet of Things” sono le case: comandare il riscaldamento da remoto, per esempio, non è più un lusso riservato alle abitazioni ultramoderne. Ci sono anche lavatrici e condizionatori che si possono regolare dal telefonino e frigoriferi che, grazie a un’app, mostrano il loro contenuto mentre si è al supermercato. Nel 2014, poi, saranno sempre più diffusi sensori che accendono le luci al passaggio, serrature che si sbloccano con il cellulare, meccanismi di sicurezza avanzati, interruttori che si spengono dal televisore o dalla tavoletta. Le proposte, soprattutto negli Stati Uniti e in Cina, si sprecano.

C’è inoltre tutto il versante che riguarda le imprese che puntano a controllare i propri prodotti e il proprio patrimonio nel modo più semplice ed efficace. È il caso delle macchinette del caffè e delle merendine disseminate in uffici e stazioni: l’addetto può controllare da remoto quanti prodotti ci sono evitando un viaggio a vuoto.

Internet da indossare. L‘“Internet of Things”, infine, si porta anche addosso: sbarcheranno presto sul mercato italiano camicie che rilevano il battito cardiaco, scarpe con sensori di movimento, smart watch e occhiali con il web di serie. Colossi come Google, Samsung e Sony sono già all’opera.

Tra rivoluzione e nuovi interrogativi. L‘“Internet of Things” si prefigura quindi come una tecnologia in grado di rivoluzionare le vite e il modo di comportarsi delle persone, ma solleva anche nuovi interrogativi. Un punto tanto dibattuto è la sua effettiva capacità di funzionare, considerando, per quanto riguarda il nostro Paese, il problema del digital divide e la difficoltà di navigare a grande velocità su tutto il territorio nazionale. Altro interrogativo, poi, riguarda la privacy. Con internet anche negli oggetti che si indossano, alle tracce sui propri gusti e interessi che quotidianamente già si lasciano su web, se ne aggiungerebbero altre, a volte molto personali.

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