Un bel posto… dove lavorare

Incrementare produttività e guadagni con il welfare che fa bene ai dipendenti ma anche alle aziende!...

Welfare statale in crisi. Di fronte al taglio delle risorse pubbliche e alla carenza di welfare statale, sempre più aziende si organizzano per far fronte ai bisogni dei loro dipendenti, promuovendo il welfare aziendale a vantaggio non solo del clima nell’impresa e del benessere dei collaboratori, ma anche della produttività aziendale.

Cos’è il welfare aziendale? È un insieme di pratiche organizzative (part time, telelavoro, congedo parentale ecc.)  e di servizi (sanitari, assicurativi, pensionistici, asilo nido, baby sitter, disbrigo pratiche ecc.) che le aziende mettono in pratica allo scopo di conciliare vita professionale e personale dei dipendenti e aumentarne il benessere.

Welfare in un’azienda su 10. Secondo un’indagine di AstraRicerche e Duepuntozero Doxa, nonostante l’85% dei manager e il 92% dei lavoratori si dichiari convinto che il welfare aziendale sia utile a migliorare il benessere e la produttività dei lavoratori, solo un’azienda su 10 lo possiede.

Perché. Alla domanda perché la propria azienda non avesse o non pensasse al welfare aziendale, il 26% dei manager ha risposto che “non è il momento opportuno”, mentre il 20% dichiara di non averci mai pensato. Per il 15%, invece, costa troppo e il 7% non lo ritiene utile (fonte: Astraricerche).

I migliori posti di lavoro. Il Great place to work Institute Italia ogni anno stila la classifica dei migliori ambienti di lavoro. Le prime cinque grandi aziende (oltre 850 dipendenti) del 2011:  Elica, Fater, Feder Express, Unilever, McDonald’s Italia. Le prime cinque piccole e medie imprese (da 50 a 849 dipendenti): Tetra Pak Packaging, Cisco Systems, Microsoft Italia, Nissan Italia, W.L. Gore e Associati.

Cosa significa avere un bel posto di lavoro? Ce lo spiega Gilberto Dondè, Presidente di Great Place to Work Italia: «Dal punto di vista dei collaboratori è un posto di lavoro in cui si ha fiducia nei propri capi, in cui si sente orgoglio per la propria azienda e in cui ci si trova bene con i propri colleghi. Dal punto di vista del management, invece, è un posto in cui si riescono a raggiungere i risultati di business, con persone che partecipino allo spirito di squadra aziendale e siano sempre in grado di dare il meglio». E lo stipendio? Spesso lo si associa a un buon posto di lavoro. «In molte indagini universitarie, quando si è chiesto a un dipendente “che cosa è importante di un posto di lavoro?”, lo stipendio viene dopo tutta una serie di altri fattori. Certo, è presente, ma soprattutto si valuta la retribuzione non in base al fatto che sia più o meno buona, ma che sia equa». In molti, però, guardano in concreto cosa arriva nelle loro tasche. «Benefit e retribuzione sono una parte importante, ma neanche tanto, della soddisfazione totale. Spesso capita di sentire un dipendente dire “prendo bene, ma se trovo altro me ne vado via”. Prendiamo l’esempio dei calciatori: prendono moltissimi soldi, ma appena trovano qualcuno che gli dà un euro in più, se ne vanno via. È un paradosso, ma i soldi non bastano. Se in un ambiente in cui io vado tutti i giorni, trovo un capo che mi malversa, che non è competente, che non comunica, poco corretto, che non mi fa crescere, appena posso me ne vado».

Estensione familiare. La Fater di Pescara, azienda di prodotti assorbenti e igienici per la cura della persona, ai dipendenti offre assicurazione sanitaria, borse di studio per i figli, convenzioni con attività ludiche e commerciali, orario di lavoro flessibile…. Roberto Marinucci, direttore generale, al Sole 24 Ore: «Le nostre persone insomma considerano Fater non solo come un luogo di lavoro ma quasi come un’estensione della propria famiglia».

Come si crea un great place to work. Dondè: «Per creare un great place to work, un’azienda deve tenere conto, da una parte, dei propri obiettivi e target strategici, dall’altra, pensare all’obiettivo dei dipendenti, che in sostanza è quello di vivere in un’azienda in cui sono considerati, fatti crescere, riconosciuti, non discriminati». Perché, in un momento di crisi, investire in welfare? «Perché ne vale la pena. Molte ricerche hanno dimostrato che le aziende che investono sulla qualità del clima organizzativo hanno delle performance di business da 3 volte a 5 volte quelle delle altre aziende. Le dirò di più, nei momenti di difficoltà, quando le cose vanno bene il rapporto è di tre volte, quando le cose vanno male è 5 volte. Questo vuol dire che queste realtà sono quelle che reagiscono meglio ai momenti di difficoltà».

Migliori risultati economici. Nel 2009, anno di piena crisi, le “Best 35” della classifica di Great Place to Work registrarono una crescita del fatturato del 13% rispetto all’anno precedente. Negli ultimi anni, la tendenza, rispetto alla media delle imprese italiane, è stata confermata: + 22% nel 2006/2007 (contro un +4,5% rispetto al 2005/2006), +13% nel 2007/2008 (mentre la media era già scesa a -0,1%), + 7% nel 2009/2010 (+2% la media Istat).

Welfare possibile anche per le piccole aziende. Spesso le piccole realtà, con 20-30 dipendenti, non hanno la capacità di contrattazione delle grandi multinazionali. Come devono quindi agire? «Per prima cosa, facciano stare bene le persone in azienda. Le piccole aziende, ad esempio, sono quelle che hanno la maggior percentuale di incidenti sul lavoro. Risolto questo problema, le persone andranno sicuramente a lavorare più serene». Poi? «Agire sulla comunicazione. Le aziende non sono abituate a comunicare. Le piccole imprese, soprattutto padronali, tengono le informazioni per sé. Pagano lo stipendio e il dipendente lavora. Il rapporto si riduce a questo. Ecco, queste sono le imprese più a rischio perché le persone continueranno a fare solo il minimo indispensabile. Nelle aziende in cui, invece, si parla dei problemi che si incontrano quotidianamente, le persone sono disposte anche a dare qualcosa in più perché si sentono partecipi dei risultati. Poi, se succede un fatto positivo o un evento, è bello e utile festeggiare. Aiuta a lavorare in modo più rilassato. Le  persone valutano moltissimo questo tipo di iniziative». Per organizzare invece servizi come la lavanderia o i buoni pasto, chi si deve contattare? «Dipende. Nel caso, ad esempio, dei ticket restaurant si può contattare direttamente la società che eroga il servizio e fare un abbonamento in base alle proprie esigenze. Altrimenti, ci sono delle organizzazioni esterne che organizzano questi servizi».

Muoversi. La società Muoversi attiva e gestisce sistemi di welfare aziendali differenziati in base alle categorie di lavoratori, alle strategie aziendali e al budget. Tra le proposte, il servizio Time & Money Saving (es. lavanderia online con pick up biancheria in azienda e pagamento al ritiro dei capi lavati), il servizio People Care (es. prenotazione di badanti o babysitter e visite mediche specialistiche), il servizio Easy Shopping (es. acquisti a condizioni agevolate e possibilità di rateizzarli in busta paga) e il servizio Green Mobility (es. possibilità di abbonamenti al car sharing, al trasporto pubblico, con consegna sul posto di lavoro e possibilità di rateizzazione in busta paga). Federico Isenburg di Muoversi al Sole 24 Ore: «Il nuovo contesto economico non consente più di giocare sulla leva retributiva per aumentare la soddisfazione dei dipendenti, pressati dall’aumento del costo della vita e dalla difficoltà di gestire gli impegni familiari, abbiamo ritagliato un’offerta sulle effettive necessità dell’azienda».

The Substitute. The Substitute organizza programmi di welfare aziendale “su misura”. Dopo un primo incontro con la società, viene redatto un “piano di fattibilità” in base agli stili di vita dei dipendenti e del management, agli obiettivi aziendali e al budget. Oltre ai programmi salute e ai servizi di conciergerie (posta, tintoria, piccole commissioni, espletamento pratiche burocratiche…), per chi deve prendersi cura di qualche anziano in famiglia propone una serie di servizi per gli over 65: dalla ricerca e selezione delle agenzie di fornitura badanti o personale infermieristico, all’accompagnamento a spettacoli o shopping, al ritiro e consegna di farmaci ed esami clinici.

Offerta equa. Tra i benefit più diffusi nelle aziende ci sono gli asili nido. Dondè: «L’asilo nido, secondo me, è la cosa di cui tutti parlano perché fa scena. Sembra sia la soluzione di tutti i mali. Sa che tutte le volte che abbiamo fatto un referendum per sapere se fare o meno l’asilo nido è stato bocciato?». Perché? «Perché riguarda una parte della popolazione, in maggioranza quella femminile, in una parte della sua vita, e quindi coinvolge una parte molto piccola di popolazione. Meglio un orario flessibile, così che le madri possano portare i figli all’asilo oppure soddisfare altre esigenze specifiche delle persone. Per questo ci sono aziende che hanno un’offerta flessibile di benefit. Oltre all’assicurazione sanitaria o pensionistica integrativa, il dipendente può scegliere la convenzione con l’asilo nido o con le badanti, ormai esigenza emergente nelle nostre aziende, oppure prendere dei soldi per andare a fare una vacanza. Bisogna dare un’offerta equa, che si rivolga a tutti i collaboratori».

Welfare personalizzato. Le imprese agevolano così i propri dipendenti con proposte “su misura”. Vodafone, ad esempio, ha un programma che prevede la possibilità di sostituire fino al 70% della propria retribuzione variabile (come i bonus dei venditori o i premi risultato dei manager) con beni e servizi a condizioni fiscali agevolate: dalle rette per gli asili nido ai corsi di lingua fino alla cura degli anziani. Gianluca Ventura, direttore risorse umane e organizzazione di Vodafone Italia, al Corriere della Sera: «Il welfare aziendale diventa personalizzato. E’ una filosofia più ampia che non riguarda solo i benefit, ma gli stessi luoghi, strumenti e tempi del lavoro che si adattano sempre di più alle esigenze dell’ individuo e all’ evoluzione della società e della tecnologia».

Variabili. Alla Pepsi Italia, il programma “Salute e benessere” prevede un sistema di lavoro flessibile in base a tre variabili: il tempo (part time), il luogo (lavorare a casa un giorno alla settimana) e il giorno (la possibilità di comprimere la settimana in 4-5 giorni soprattutto in estate).

I benefici fiscali. A livello fiscale, ci sono degli sgravi? «Per alcune cose sì, per altre meno», ci spiega Dondè. «Ad esempio, l’abbonamento ai mezzi pubblici, proposto anche dalla nostra società, ha una deducibilità solo del 30%. Dovrebbe essere maggiore, visto che, oltre ad un vantaggio economico, si incentiva l’uso dei mezzi pubblici e non della macchina».  Per conoscere le aree di defiscalizzazione per le aziende che erogano strumenti o servizi a favore dei dipendenti (cassa sanitaria, ticket mensa, asilo nido, borse studio, testi scolastici, fondi pensione, assistenza sanitaria…) c’è l’ articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

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