Nei labirinti della busta paga

Lordo, netto, ritenute fiscali, contributi previdenziali e molto altro: come si legge il resoconto dello stipendio...

Un documento obbligatorio. Busta paga: documento obbligatorio, solitamente a cadenza mensile, che indica la retribuzione, le ritenute fiscali e quelle previdenziali che il lavoratore percepisce per un determinato periodo di tempo. Esprime, in termini monetari, i rapporti che il lavoratore dipendente ha con il datore di lavoro, con lo Stato, con gli enti previdenziali.

Quanto pesa la busta paga… Busta paga: anche, per estensione, lo stipendio o il salario. “Donne, buste paga più leggere del 37 per cento”. “Il sindaco pubblica la busta paga”. “Arriva la mini stangata in busta paga”… (alcuni titoli di giornali e notizie sul Web)

Serve anche per il mutuo. Oltre che a determinare la retribuzione che spetta al lavoratore, la busta paga serve anche per poter richiedere un mutuo bancario o un finanziamento, o a intraprendere azioni legali (decreti ingiuntivi, ricorsi ecc.).

Dalla testa al piede. Per comodità di lettura si può dividere la busta paga in tre parti: “testata” (o intestazione), “corpo”, “piede”.

I dati del lavoratore e dell’azienda. Nella testata, in cima al foglio della busta paga, si trovano:
• Ragione sociale, sede e codice fiscale dell’azienda.
• Nome e cognome del dipendente e suo codice fiscale (fondamentale per gli aspetti fiscali: meglio controllare che sia esatto).
• Numero di matricola Inps (Istituto nazionale della previdenza sociale) e numero di posizione Inail (Istituto nazionale infortuni sul lavoro).
• Numero di cartellino del dipendente.
• Data di assunzione.
• Qualifica del lavoratore, in base alla mansione svolta nell’azienda.
• Livello di inquadramento contrattuale (varia in base alla qualifica e al tipo di contratto applicato).
• Numero di ore lavorate ed eventuali straordinari.

La paga base e il di più. Sempre nella cosiddetta testata della busta paga, subito dopo i dati del dipendente sono indicate  le varie componenti della retribuzione, ovvero del denaro ottenuto dal lavoratore come compenso della sua prestazione.
• Paga (o retribuzione) base, o minimo tabellare: corrisponde al salario minimo determinato sulla base dei parametri stabiliti dal contratto nazionale di categoria e della qualifica del dipendente.
• Indennità di contingenza: indennità fissa, prevista dai vari contratti nazionali di categoria (attualmente spesso compresa nel minimo tabellare). Varia in base all’inquadramento professionale e al tipo di contratto applicato. In passato la contingenza aveva la funzione di adeguare le retribuzioni agli aumenti del costo della vita. Il meccanismo che regolava questa indennità, la cosiddetta “scala mobile”, ha cessato di esistere alla fine del 1991. Dal gennaio 1992 viene pagato solo l’importo dell’indennità di contingenza maturata sino a quella data.
• Edr, elemento distinto della retribuzione: dal primo gennaio 1993 tutti i lavoratori del settore privato (con l’esclusione dei dirigenti) indipendentemente dal contratto applicato e dalla loro qualifica hanno diritto al pagamento dell’Edr, ovvero a una somma di 10,33 euro mensili per tredici mensilità. Nato come compensazione all’abolizione dell’indennità di contingenza nella forma che aveva sino al 1991, in alcuni contratti l’Edr è conglobato nella paga base.
• Terzo elemento, o superminimo collettivo: importo nato dalla contrattazione sindacale a livello provinciale e regionale. Ha valori difformi nelle diverse aree geografiche del paese.
• Scatti di anzianità: aumenti retributivi che maturano periodicamente in funzione dell’anzianità di servizio presso la stessa azienda. La normativa è stabilita dai contratti nazionali, che indicano la cadenza temporale e il numero massimo degli scatti nel corso della vita lavorativa. In genere hanno cadenza triennale e sono calcolati in cifra fissa o in percentuale. Variano in base alla qualifica contrattuale. In busta paga possono essere indicati il numero degli scatti maturati, la data di decorrenza dello scatto successivo.
• Superminimo: un aumento stabilito a livello aziendale, anche ad personam, per migliorare quanto stabilito dai vari contratti nazionali di categoria. Rispetto alla paga base contrattuale può essere frutto di un riconoscimento avvenuto nel corso del rapporto di lavoro, oppure essere stabilito fin dal momento dell’assunzione.

Straordinari, notturni, festivi. Come elementi della retribuzione lorda variabili di mese in mese si possono trovare in busta paga:
• Lavoro straordinario: è calcolato a parte rispetto alla normale retribuzione e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti di categoria.
• Lavoro notturno (in genere dalla mezzanotte alle sei del mattino): dà luogo a una maggiorazione del compenso ordinario.
• Lavoro festivo:  comporta una maggiorazione del compenso ordinario, stabilita di regola dal contratto collettivo di categoria. (Qualora la festività coincida con la domenica o con un altro giorno festivo, il datore di lavoro deve pagare una quota ulteriore rispetto alla retribuzione normalmente dovuta). Si considera lavoro festivo quello effettuato nei giorni: 25 aprile, Primo maggio; Capodanno (1° gennaio); Epifania (6 gennaio); Lunedì di Pasqua; Assunzione (15 agosto); Ognissanti (1° novembre); Immacolata Concezione (8 dicembre); Natale (25 dicembre); Santo Stefano (26 dicembre); Festa nazionale della Repubblica (2 giugno); Santo patrono cittadino.

Assenze e scioperi. Altre variazioni possibili (sempre indicate in testata): trattenute dovute ad assenze, ritardi, permessi non retribuiti, aspettative, scioperi, ecc. O, al contrario, incrementi dovuti a speciali indennità come l’indennità di missione o di trasferta, l’indennità di cassa o maneggio denaro, l’indennità di sede disagiata, ecc.

Infortuni e malattie. In busta paga è indicata anche, nel caso, l’eventuale “retribuzione indiretta”, dovuta al lavoratore al verificarsi di determinati eventi (malattia, maternità, infortunio), indipendentemente dall’esecuzione della prestazione lavorativa.

La paga giorno per giorno. L’incidenza delle varie voci che compongono la retribuzione lorda e il conto al netto delle trattenute fiscali e previdenziali sono evidenziati nel “corpo” della busta paga, cioè nella parte centrale del foglio, composto in genere da sei colonne, nell’ordine:
• il codice della voce di paga o voce di cedolino movimentata;
• la descrizione della voce;
• l’importo delle ore (o delle giornate);
• un dato base in euro ottenuto dividendo la retribuzione lorda tabellare i giorni o le ore lavorate;
• una colonna delle competenze, nella quale verrà indicata la valorizzazione in euro di ciascuna voce positiva;
• una colonna delle ritenute, nella quale verranno indicate le voci negative.

Il contributo all’Inps. Il datore di lavoro trattiene normalmente il 9,19% della retribuzione lorda dovuta al lavoratore per versarlo agli enti previdenziali e assistenziali in queste misure: l’8,89% al fondo adeguamento pensioni; lo 0,30% al fondo per la disoccupazione involontaria. L’importo si trova nella colonna delle ritenute.

E questo va all’Irpef. Una volta detratte le ritenute previdenziali e assistenziali dalla retribuzione lorda si ottiene il cosiddetto imponibile fiscale, cioè l’ammontare della retribuzione sul quale si calcola l’imposta lorda Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche). Dall’imposta lorda vengono quindi decurtate le cosiddette detrazioni per carichi di famiglia o per lavoro dipendente (quando il reddito del lavoratore scende sotto una certa soglia gode di particolari benefici di esenzione fiscale). Fatti questi calcoli, il datore di lavoro ha stabilito la ritenuta fiscale, cioè la somma che ha dovuto trattenere quel mese dallo stipendio del dipendente per versarla all’erario.

Altre imposte. Alla voce “trattenute”, o “ritenute”,  in busta paga figurano anche l’addizionale regionale e quella comunale, imposte che si aggiungono all’Irpef. Dal 1998, i lavoratori dipendenti versano una tassa alla regione in cui risiedono. Nel conguaglio della retribuzione di fine anno il datore di lavoro deve determinare l’importo dovuto da ogni dipendente alla regione e tale somma deve essere indicata nella busta paga. Dal mese successivo al conguaglio, al lavoratore sarà trattenuta nella busta una somma mensile per un numero massimo di undici rate. Analogo discorso per l’addizionale comunale, introdotta nel 1999: un’imposta variabile, determinata dai comuni entro il 31 ottobre dell’anno precedente.

Il piede della busta paga. Al piede della busta paga si arriva dunque alla retribuzione netta, con tutti i dati necessari all’operazione. Riassumendo: dalla retribuzione lorda vengono sottratti i contributi previdenziali e si ottiene così l’imponibile fiscale. Da questa somma si tolgono le trattenute Irpef, al netto delle detrazioni fiscali, e le addizionali regionale e comunale. Il risultato è il salario netto da trattenute, al quale può essere aggiunto l’assegno per il nucleo familiare.

Per i familiari a carico. L’assegno per il nucleo familiare è un’integrazione della retribuzione che spetta per i familiari a carico ed è erogata con cadenza mensile dagli istituti di previdenza. Per averne diritto è necessario che il reddito familiare non superi determinati limiti, stabiliti ogni anno dalla legge. È esente da ritenute contributive e fiscali: se il lavoratore ne ha diritto, si aggiunge per intero alla retribuzione netta in busta paga.

Che cosa entra in tasca. Sommando al salario netto da trattenute l’assegno per il nucleo familiare si ha l’ultimo dato della busta paga, in basso a destra: il salario netto percepito per quel periodo dal lavoratore.

Ferie. Al piede della busta paga sono indicate anche le ferie residue dell’anno precedente, quelle maturate nell’anno in corso, quelle godute e infine le restanti.

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