Cohousing, abitare in condivisione

Alloggi privati corredati da spazi comuni: ecco il modello per socializzare e vivere in modo sostenibile

Case private, spazi comuni. Il termine cohousing indica un insieme di alloggi privati corredati da spazi destinati all’uso comune. Con la condivisione di strutture come le cucine, la biblioteca, la lavanderia e gli spazi ludici, socializzare diventa più facile e le persone che fanno parte della piccola comunità sono più portate a mutualità e assistenza reciproca, per il bene proprio e collettivo.  Chiaro anche l’impatto ecologico di questi progetti: la presenza di strutture uniche consente una gestione più razionale e una riduzione degli sprechi (ad esempio grazie a servizi di carsharing tra  i vicini).

Tendenza anche in Italia. Anche in Italia esistono esperimenti di cohousing. A Milano è stato presentato un nuovo progetto da cinquanta appartamenti nei pressi dell’abbazia di Chiaravalle, con orti, spazi per i bambini e per il fitness in comune e un impianto di riscaldamento/raffreddamento alimentato a energia rinnovabile. Il complesso, volto alla condivisione delle proprie esperienze e all’abbattimento dei costi, sarà pronto nel 2016. Spostiamoci a Torino: qui è stato inaugurato da poco il cohousing Numero Zero. Il progetto, sorto nella zona di Porta Palazzo, conta su spazi comuni che sono aperti anche alle persone del quartiere. Interessante anche l’esperienza dell’eco-quartiere ‘Quattro Passi’ di Treviso: costruzioni ecologiche alimentate da energie rinnovabili, piste ciclabili e percorsi pedonali per limitare al massimo l’utilizzo di mezzi privati.

Quanto si riparmia? Scegliere di vivere in alloggi privati con spazi comuni condivisi conviene anche economicamente. Le strutture, grazie all’utilizzo di energia pulita e alternativa, possono garantire un risparmio energetico agli abitanti in bolletta pari al 10-15%,.

Interessante anche la possibilità di partecipare a gruppi di acquisto con i propri compagni di cohousing, arrivando addirittura a un risparmio del 50% sulla spesa.
Infine, avere a disposizione spazi comuni rende possibile a organizzare feste, incontri e riunioni, senza i consueti costi per gli affitti delle location.

Mini guida per cominciare. Come nasce un progetto di cohousing? Si parte dalla formazione di un gruppo affiatato e dall’individuazione (e acquisizione) del giusto immobile.

Ecco cosa fare per  lanciare il proprio progetto.

1. Trovare persone realmente motivate: il lato umano è fondamentale in ogni progetto collettivo. Nella pratica per raggiungere l’obiettivo il gruppo deve:

  • elaborare obiettivi condivisi, avendo ben chiaro il punto di arrivo del percorso di condivisione. A tale scopo può essere utile elaborare una dichiarazione d’intenti comunitaria;
  • prevedere incontri periodici per tenere costantemente vivi e attivi gli scopi individuati in fase iniziale.

2. Individuare l’immobile: la struttura e gli spazi condivisi sono il cuore pulsante della collettività. Tre le scelte possibili:

  • un’impresa o un ente pubblico mettono a disposizione della collettività un immobile adibito a cohousing: in questo modo, le persone che aderiscono sono già a conoscenza delle caratteristiche della propria abitazione e accettano consapevolmente di fare parte del progetto. In questo caso vanno decise le dinamiche interne al gruppo per evitare successivi disguidi e incomprensioni;
  • un gruppo di famiglie acquista un terreno o un complesso di immobili e fa partire il progetto con le proprie risorse: questa modalità richiede un forte spirito di gruppo, oltre che una considerevole liquidità iniziale per l’investimento. L’esborso iniziale lega molto i partecipanti e rende difficoltosa l’uscita dal progetto delle famiglie, in quanto chi rimane dovrebbe poi farsi carico della quota di chi è venuto a mancare o trovare in tempi rapidissimi un possibile sostituto;
  • un gruppo di famiglie presenta il proprio progetto di cohousing  a un’impresa: in questo caso, il rischio economico in fase iniziale è preso in carico dall’impresa. L’impresa avrebbe ricavi di vendita assicurati e quindi potrebbe essere predisposta a collaborare alla realizzazione dell’iniziativa.

3. Una volta trovato o realizzato l’immobile, è bene stabilire ruoli e compiti all’interno del gruppo: l’ordine e l’organizzazione sono la base di un buon rapporto di condivisione. A tal proposito è consigliabile:

  • istituire dei responsabili per gli spazi comuni e collettivi, che supervisionino la proprietà comune e garantiscano il buono stato della struttura.
  • individuare un facilitatore, per prevenire eventuali discussioni e disguidi all’interno del gruppo. Un esempio pratico: in caso di una lavanderia in comune, va stabilita una figura di riferimento tra i partecipanti, che controlli il corretto funzionamento della struttura, organizzi i turni di utilizzo – facendo un calendario per le famiglie –  e gestisca eventuali incomprensioni all’interno del gruppo.

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